Ma almeno ti pagano?

Sono ormai più di quattro anni che il mio sport preferito ha preso il nome di “plogging”. Io corro con un paio di pinze ed un sacco nero con lo scopo di macinare chilometri e dare una mano all’ambiente raccogliendo plastica abbandonata.

Ed è strano – sapete – come una cosa tanto assurda come correre e raccogliere plastica abbandonata abbia incuriosito così tanti.

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Un magazine online mi chiede un’intervista.

La giornalista procede ad una serie di domande per lo più familiari: “Perché hai iniziato? Qual’è la soddisfazione più grande? Quanta plastica riesci a recuperare?”
Ma poi arriva una domanda che poche volte mi è stata fatta: “Che cosa dice la gente che incontri per la strada?”
Io scoppio a ridere senza volerlo.
«A dire il vero quasi tutti mi fanno una domanda…» rispondo alla giornalista che mi guarda dall’altra parte dello schermo.
«Una domanda?» Chiede lei.
«Sì» rispondo io. «In tanti mi chiedono se qualcuno mi paga per farlo!»

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In oltre 4 anni di plogging decine e decine di persone mi hanno chiesto se la mia raccolta di plastica abbandonata venga remunerata con qualche forma di compenso monetario. Per molti sembra che occuparsi dell’ambiente come gesto volontario e altruistico sia un gesto inconcepibile…

Se parafrasata, la loro domanda potrebbe suonare allora: «Se fai una cosa del genere (così umile, faticosa) di certo lo fai solo perché ti pagano, vero?»
Con orgoglio rispondo che «No! Non mi paga nessuno!»

Poi aggiungo: «Lo faccio perché è un piccolo gesto di responsabilità che in tanti – invece di lamentarsi di come vanno le cose – potrebbero fare!»
Solitamente chi mi ha fatto la domanda resta zitto e sorride un pochino a disagio.

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«Ma ti pagano?»
«No, non mi paga nessuno»

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